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      Difatti, facendo le viste di occuparmi di lui, io mi occupavo solo di me. - Indi ad alta voce gli dissi: Faccio qui una breve sosta e poi riprendo il mio cammino, lasciando dietro di me tutti i miei beni vani. -Da un gesto di Giovannino mi accorsi che egli stava per chiedermi: E a chi lasci cotesti tuoi beni? - (Egli ignorava che non ero io che lasciavo quei miei beni dietro di me, ma che me li strappavano i miei creditori, ragion per cui erano divenuti per me vani). Indovinavo pensando che Giovannino sarebbe stato lietissimo di essere erede di quei miei beni, tanto l'allocco aveva aggiustato fede alle parole che gli avevo dette poco innanzi: io non ti ho amato mai come oggi! - L'allocco! Ma sarei io andato a casa sua se tuttavia io fossi stato possessore della mia Capponcina? Avrei io sopportato di dimorare un sol momento in quella sua casa da contadini, le cui parti pił importanti erano un forno, un pollaio e una cucina, sorgenti di tutti i pił volgari e bestiali odori, se io fossi stato tuttavia possessore di quella splendida dimora? Avrei io cercato la compagnia di cotesto citrullo e di cotesta... - Ma, acqua in bocca!... ha le unghie terribili! - Mi sedetti sulla sua sedia, dinanzi alla sua tavola. Le sue carte, le sue penne, i suoi inchiostri erano lą. - Respirate di soddisfazione: erano lą. Tutto era semplice ed usuale: penne da cinque un soldo, bottigliette d'inchiostro da dieci centesimi l'una; la carta era grossolana e resistente: carta pił da droghiere che da letterato.


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La Superfemina abruzzese
di Enotrio Ladenarda
Pedone Lauriel Palermo
1914 pagine 253

   





Faccio Giovannino Giovannino Capponcina