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      Sì, certo, cotesti due fenomeni ispirano una eguale simpatia alla gran maggioranza di evirati intellettuali nei due paesi; ma è certo ancora che essi fanno una eguale nausea agli ormai pochi pensatori superstiti al fallimento etico ed estetico della degenere razza latina.
      I due grandi ciarlatani di moda formano insieme una abominevole friponnerie letteraria. Essi non hanno creato nulla, inventato nulla, dato nulla, sono addirittura incapaci di analizzare, di osservare, di sentire sotto l'angolo del buono, del bello e del vero. L'opera loro rispettiva è fatta d'incoerenze, di versi pesanti, d'immagini assurde, od oscure per troppo luccichio; in essa gl'incidenti si succedono senza transazione, gli epiteti si accumulano e precipitano in disordine. Entrambi hanno ammazzata la loro lingua rispettiva, giacchè i vocaboli nelle loro mani deviano dalla loro significazione propria e dalla loro significazione figurata, ed hanno un terzo senso, il senso «prezioso» che va dal grottesco al ridicolo e dal ridicolo al grottesco. E intanto, in Italia, dove un Tommaso Cannizzaro sta per discendere - fra l'incosciente indifferenza dei suoi connazionali - nella fossa e nell'oblio insieme ai suoi ottanta anni vissuti fra le braccia della grande Poesia - e in Francia, dove un Becque è quasi sconosciuto, Gabriele ed Edmondo hanno di un sol colpo potuto inalzarsi alle più alte cime della popolarità e della gloria chiassosa con aver dato splendida prova di possedere a meraviglia l'arte di scriver male.


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La Superfemina abruzzese
di Enotrio Ladenarda
Pedone Lauriel Palermo
1914 pagine 253

   





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