Gli dissi come mi era ammalato, ma tacqui su ciò che mi era avvenuto col frate.
Appena che la febbre mi lasciò, mio padre mi condusse a Polveraia, un villaggio distante 5 o 6 miglia dalla mia capanna. Là mi riprese per la terza volta la febbre e fu l'ultima. Era il 27 aprile. Dopo avermi raccomandato alla padrona dell'albergo e al medico del Villaggio, mio padre mi lasciò: pochi giorni appresso ripresi il mio lavoro che terminai il 24 giugno.
Ritornai in montagna con mio padre e con mio fratello maggiore, ma mi ero talmente dimagrito che mia madre e il mio buon maestro non mi riconoscevano più. Nell'estate ebbi una lunga e seria malattia della quale non guarii che nella seguente primavera. Appena fui guarito, mio padre mi condusse di nuovo a lavorare in maremma e per più anni dovetti rassegnarmi a menare sì misera vita, cosicchè abbandonai l'idea di farmi religioso.
LA TERRA DEI GRANDI
La mattina del 25 Aprile 1868, ritornato da Siena, dove ero andato pe' miei interessi, fui assalito, appena entrato in casa, da un brivido che poco mi durò, ma mi venne un calore alla testa che si calmò e appresso risentii un violento accesso di febbre che mi durò fino alle sei di sera. Per l'abbattimento patito mi addormentai d'un profondo sonno, nel quale ebbi la seguente visione:
Mi sembrava di essere sulla riva del mare a poca distanza di una folta foresta. Le onde del mare erano sì furenti che sembrava volessero sommergere tutta la terra. Le acque agitate dalla tempesta erano sì torbide come quelle di un fiume dopo una lunga pioggia.
| |
Polveraia Villaggio Siena
|