E, non bastando tanto male, seguendo le zucche, cominciò, per disconcio peso, a tirare le cime de' teneri rami inver la terra, con istrane torture e disagio di quelli. Allora scotendosi e indarno crollandosi, per fare da sé esse zucche cadere, e indarno vaneggiando alquanti giorni in simile inganno, perché la bona e forte collegazione tal pensieri negava, vedendo passare il vento, a quello raccomandandosi, e quello soffiò forte. Allora s'aperse il vecchio e vòto gambo del salice in due parti insino alle sue radice, e caduto in due parti, indarno pianse sé medesimo, e conobbe chi era nato per non aver mai bene.
[La fiamma e la candela ]Le fiamme, già uno me[se] durato nella fornace de' bicchieri e veduto a sé avvicinarsi una candela 'n un bello e lustrante candeliere, con gran desiderio si forzavano accostarsi a quella. Infra le quali una la[s]ciato il suo naturale corso e tiratasi d'entro a uno voto stizzo, dove si pasceva, e uscita da l'opposito, fori d'una piccola fessura, alla candela che vicina l'era, si gittò, e con somma golosità e ingordigia quella divorando, quasi al fine condusse; e volendo riparare al prolungamento della sua vita, indarno tentò tornare alla fornace, donde partita s'era, perché fu costretta morire e mancare insieme colla candela; onde al fine col pianto e pentimento in fastidioso fumo si convertì, lascian[do] tutte le sorelle in isplendevole e lunga vita e bellezza.
[ Il vino e i maomettani]Trovandosi il vino, divino licore dell'uva, in una aurea e ricca tazza, e sopra la tavole di Maumetto, e montato in groria di tanto onore, subito fu assaltato da una contraria cogitazione, dicendo a sé medesimo: "Che fo io?
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Maumetto
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