Quivi e venti d'aquilone, resonando, fan vari e pauro[si] soniti.
IL GIGANTE
1. a) Caro Benedetto De[i], per darti nuove de le cose qua di Levante, sappi come del mese di giugno č apparito un gigante che vien di la diserta Libia.
b) Questo gigante era nato nel mont'Atalante, ed era nero, ed ebbe contro A[r]taserse cogli Egizi e gli Arabi, Medi e Persi; viveva in mare delle balene, gran capidogli e de' navili.
c) Caduto il fier gigante per la cagione de la insanguinata e fangosa terra, parve che cadessi una montagna, onde la campagna a guisa di terremoto con ispavento a Plutone infernale. E per la gran percossa ristette sulla piana terra al quanto stordito. Onde subito il popolo credendo fussi morto di qualche saetta, tornando la gran turba, a guisa di formiche che scorrano furiando per lo corpo del caduto rogero cosė questi scorrendo per l'ampie membra e le traversando con ispesse ferite.
Onde risentito il gigante e sentendosi quasi coperto da la moltitudine, subito sen[ten]dosi cuocere per le punture, mise un muglio che parve fussi uno spaventoso tono; e, posto le mani in terra e levato il pauroso volto, e postosi una de le mani in capo, t[r]ovosselo pieno d'uomini appiccati a' capegli, a similitudine de' minuti animali che t[r]a quegli sogliono nascere: onde, scotendo il capo, gli omini faceano non altrementi per l'aria che si faccia la grandine, quando va con furor di venti. E trovossi molti di questi uomini esser morti da quegli che gli tempestavan addosso, po' ritto co' piedi calpestando.
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