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      Ma invero questo non aggiunge fatica all'artefice, considerando ch'egli, siccome il pittore, ha vera notizia di tutti i termini delle cose vedute per qualunque verso; la qual notizia al pittore, siccome allo scultore, sempre è in potenza. Ma lo scultore avendo da cavare dove vuol fare gl'intervalli de' muscoli, e da lasciare dove vuol fare i rilievi di essi muscoli, non li può generare con debita figura oltre lo aver fatto la lunghezza e larghezza loro, s'egli non si muove in traverso, piegandosi od alzandosi in modo ch'esso vegga la vera altezza de' muscoli e la vera bassezza de' loro intervalli; e questi son giudicati dallo scultore in tal sito, e per questa via di dintorni si ricorreggono, altrimenti mai porrà bene i termini o vero figure delle sue sculture. E questo tal modo dicono essere fatica di mente allo scultore, perché non acquista altro che fatica corporale; perché in quanto alla mente, o vo' dire giudizio, esso non ha se non in tal profilo a ricorreggere i dintorni delle membra, dove i muscoli sono troppo alti; e questo è il proprio ordinario dello scultore a condurre a fine le opere sue. Il quale ordinario è condotto dalla vera notizia di tutti i termini delle figure de' corpi per qualunque verso. Dice lo scultore, che se e' leva di soverchio, non può piú aggiungere, come il pittore. Al quale si risponde: se la sua arte era perfetta, egli avrebbe sollevato mediante la notizia delle misure quel che bastava, e non di soverchio, il quale levamento nasce dalla sua ignoranza, la quale gli fa levare piú o meno che non debba.


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Trattato della Pittura
di Leonardo da Vinci
pagine 416