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      149. Del figurare le grandezze delle cose dipinte.
     
     
     
      Nella figurazione delle grandezze che hanno naturalmente le cose anteposte all'occhio, si debbono figurare tanto finite le prime figure, essendo piccole, come le opere de' miniatori, come le grandi de' pittori: ma le piccole de' miniatori debbono esser vedute d'appresso, e quelle del pittore da lontano; cosí facendo esse figure vengono all'occhio con egual grandezza; e questo nasce perché esse vengono con egual grossezza d'angolo. Provasi, e sia l'obbietto bc, e l'occhio sia a; e de sia una tavola di vetro per la quale penetrino le specie del bc. Dico che stando fermo l'occhio a, la grandezza della pittura fatta per l'imitazione di esso bc, deve essere di tanto minor figura, quanto il vetro de sarà piú vicino all'occhio a, e deve essere egualmente finita. E se tu fingerai essa figura bc nel vetro de, la tua figura deve essere meno finita che la figura bc, e piú finita che la figura mn, fatta sul vetro fg, perché se po figura fosse finita come la naturale bc, la prospettiva d'esso op sarebbe falsa, perché, in quanto alla diminuzione della figura, essa starebbe bene, essendo bc diminuito in po; ma il finito non si accorderebbe con la distanza, perché nel ricercare la perfezione del finito del naturale bc, allora esso bc parrebbe nella vicinità op; ma se tu vorrai ricercare la diminuzione di op, esso op pare essere nella distanza bc, e nel diminuire del finito al vetro fg.
     
     
      150. Delle cose finite, e delle confuse.
     
      Le cose finite e spedite si debbono far d'appresso, e le confuse, cioè di termini confusi, si fingano in parti remote.


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Trattato della Pittura
di Leonardo da Vinci
pagine 416