231. De' colori delle cose remote dall'occhio.
L'aria tinge piú gli obietti che essa separa dall'occhio del suo colore, quanto essa sarà di maggior grossezza. Adunque, avendo l'aria diviso un obietto oscuro con grossezza di due miglia, essa lo tinge piú che quella che ha la grossezza di un miglio. Risponde qui l'avversario e dice che i paesi hanno gli alberi di una medesima specie piú oscuri da lontano che d'appresso, la qual cosa non è vera se le piante saranno eguali e divise da spazi; ma sarà ben vera se i primi alberi saranno rari, e vedrassi la chiarezza de' prati che li dividono, e gli ultimi saranno spessi, come accade nelle rive e vicinità de' fiumi, che allora non si vedono spazi di chiare praterie, ma tutti insieme congiunti, facendo ombra l'uno sopra l'altro. Ancora accade che molto maggiore è la parte ombrosa delle piante che la luminosa, e per le specie che manda di sé essa pianta all'occhio, si mischiano in lunga distanza, ed il colore oscuro che si trova in maggior quantità piú mantiene le sue specie che la parte meno oscura; e cosí esso misto porta seco la parte piú potente in piú lunga distanza.
232. Gradi di pittura.
Non è sempre buono quel che è bello; e questo dico per quei pittori che amano tanto la bellezza de' colori, che non senza gran coscienza danno lor debolissime e quasi insensibili ombre, non stimando il loro rilievo. Ed in questo errore sono i belli parlatori senza alcuna sentenza.
233. Dello specchiamento e colore dell'acqua del mare veduto da diversi aspetti.
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