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      Ma in questo medesimo caso la figura b, avendo le punte de' piedi volte in contrario sito al luogo dove essa vuol trarre il suo peso, si storce ad esso luogo con grande incomodità, e per conseguenza l'effetto è debole, ed il moto partecipa della sua causa, perché l'apparecchio della forza in ciascun movimento vuol essere con istorcimenti e piegamenti di gran violenza, ed il ritorno sia con agio e comodità, e cosí l'operazione ha buon effetto; perché il balestro che non ha disposizione violenta, il moto del mobile da lui rimosso sarà breve, o nullo; perché dove non è disfazione di violenza non è moto, e dove non è violenza, essa non può essere distrutta; e per questo l'arco che non ha violenza non può far moto se non acquista essa violenza, e nell'acquistarla non la caccia da sé. Cosí l'uomo che non si torce né si piega non ha acquistato potenza. Adunque, quando avrà tratto il suo dardo, si troverà essere storto e debole per quel verso dove esso ha tratto il mobile, ed acquistato una potenza, la quale sol vale a tornare in contrario moto.
     
     
      276. Dell'attitudine e de' movimenti delle membra.
     
      Non sieno replicati i medesimi movimenti in una medesima figura nelle sue membra, o mani, o dita: né ancora si replichino le medesime attitudini in una istoria; e se l'istoria fosse grandissima, come una zuffa od uccisione di soldati, dove non è nel dare se non tre modi, cioè una punta, un rovescio e un fendente, in questo caso tu ti hai ad ingegnare che tutti i fendenti sieno fatti in varie vedute, come dire alcuno sia volto indietro, alcuno per lato ed alcuno dinanzi, e cosí tutti gli altri aspetti de' medesimi tre movimenti sieno partecipanti di questi tre movimenti semplici; e per questo dimanderemo tutti gli altri partecipanti d'uno di questi.


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Trattato della Pittura
di Leonardo da Vinci
pagine 416