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      786. Dell'inganno del pittore nella grandezza degli alberi e degli altri corpi delle campagne.
     
     
     
      Giudica ben tu, o pittore o miniatore, quanto la tua pittura debb'essere veduta remota dall'occhio e fingi che a tale distanza sia veduto uno spiracolo, o vuoi dir buca o finestra, per la quale le cose anteposte possano penetrare al tuo occhio; e veramente tu giudicherai le cose vedute essere tanto minime, che non che le membra, ma il tutto quasi ti parrà impossibile a poter figurare. Come se l'occhio fosse o e la buca di un quarto di braccio eguale alla tua tavola dipinta sia ab, discosta dall'occhio mezzo braccio; allora tu vedrai per esso spazio tutte le cose che veder si possono dentro alla lunghezza di un orizzonte di cento miglia, in tanto confusa diminuzione, che non che figurar di quelle alcuna parte ch'abbia figura, ma appena potrai porre sí piccolo punto di pennello, che non sia maggiore che ogni casamento posto in dieci miglia di distanza.
     
     
      787. Perché i monti in lunga distanza si dimostrano piú scuri nella cima che nella base.
     
     
     
      L'aria che acquista gradi di grossezza in ogni grado della sua bassezza e della sua distanza, è causa che le cime de' monti che piú s'innalzano piú mostrano la sua naturale oscurità, perché manco sono impedite dalla grossezza dell'aria nella cima che nella loro base, o nella vicinità che nella remozione. Provasi: op, ds, cr, ak sono gradi dell'aria che sempre si assottigliano quanto piú s'innalzano; af, fh, hk sono gli altri gradi trasversali dove l'aria acquista sottilità quanto piú si avvicina.


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Trattato della Pittura
di Leonardo da Vinci
pagine 416