Provasi, e sia en il corpo immobile e il lume mobile sia b, il quale si muove dal b all'a; dico che quando il lume era in b, l'ombra del globo d si estendeva dal d all'f, la quale nel muovere il lume dal b all'a si muta dall'f all'e, e cosí la detta ombra è mutata di quantità e di figura, perché il luogo dov'essa si trova non è della medesima figura ch'era il luogo dond'essa si divise. E tal mutazione di figura e di quantità è infinitamente variabile, perché se tutto il sito che prima era occupato dall'ombra è in sé per tutto vario e di quantità continua, e ogni quantità continua è divisibile in infinito, adunque è concluso che la quantità dell'ombra e la sua figura sono variabili in infinito.
Tu, pittore, non diminuire piú la prospettiva de' colori che quella delle figure, dove tali colori si generano. E non diminuire piú la prospettiva lineale che quella de' colori, ma seguita la diminuzione dell'una e dell'altra prospettiva, secondo le regole dell'ottavo e del settimo.
Ben è vero che nella natura la prospettiva de' colori mai rompe la sua legge, e la prospettiva delle grandezze è libera, perché vicino all'occhio si troverà un piccolo colle e da lontano una montagna grandissima, e cosí degli alberi ed edifici.
L'oscurità delle tenebre è integral privazione di luce, e infra la luce e le tenebre, per essere loro quantità continua, viene ad esser variabile in infinito; cioè tra le tenebre e la luce è una potenza piramidale, la quale essendo sempre divisa per metà inverso la punta, sempre il rimanente è piú luminoso che la parte levata.
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