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      Si accostarono i due celesti, presa forma umana; e Prometeo, salutati tutti cortesemente, volgendosi a uno che accennava di essere il principale, interrogollo: che si fa?
      Selvaggio. Si mangia, come vedi.
      Prometeo. Che buone vivande avete?
      Selvaggio. Questo poco di carne.
      Prometeo. Carne domestica o salvatica?
      Selvaggio. Domestica, anzi del mio figliuolo.
      Prometeo. Hai tu per figliuolo un vitello, come ebbe Pasifae?
      Selvaggio. Non un vitello, ma un uomo, come ebbero tutti gli altri.
      Prometeo. Dici tu da senno? mangi tu la tua carne propria?
      Selvaggio. La mia propria no, ma ben quella di costui: che per questo solo uso io l'ho messo al mondo, e preso cura di nutrirlo.
      Prometeo. Per uso di mangiartelo?
      Selvaggio. Che maraviglia? E la madre ancora, che già non debbe esser buona da fare altri figliuoli, penso di mangiarla presto.
      Momo. Come si mangia la gallina dopo mangiate le uova.
      Selvaggio. E l'altre donne che io tengo, come sieno fatte inutili a partorire, le mangerò similmente. E questi miei schiavi che vedete, forse che li terrei vivi, se non fosse per avere di quando in quando de' loro figliuoli, e mangiarli? Ma invecchiati che saranno, io me li mangerò anche loro a uno a uno, se io campo.(2)
      Prometeo. Dimmi: cotesti schiavi sono della tua nazione medesima, o di qualche altra?
      Selvaggio. D'un'altra.
      Prometeo. Molto lontana da qua?
      Selvaggio. Lontanissima: tanto che tra le loro case e le nostre, ci correva un rigagnolo.
      E additando un collicello, soggiunse: ecco là il sito dov'ella era; ma i nostri l'hanno distrutta.


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Operette morali
di Giacomo Leopardi
pagine 308

   





Prometeo Pasifae