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      (3) In questo parve a Prometeo che non so quanti di coloro lo stessero mirando con una cotal guardatura amorevole, come è quella che fa il gatto al topo: sicché, per non essere mangiato dalle sue proprie fatture, si levò subito a volo; e seco similmente Momo: e fu tanto il timore che ebbero l'uno e l'altro, che nel partirsi, corruppero i cibi dei barbari con quella sorta d'immondizia che le arpie sgorgarono per invidia sulle mense troiane. Ma coloro, più famelici e meno schivi de' compagni di Enea, seguitarono il loro pasto; e Prometeo, malissimo soddisfatto del mondo nuovo, si volse incontanente al più vecchio, voglio dire all'Asia: e trascorso quasi in un subito l'intervallo che è tra le nuove e le antiche Indie, scesero ambedue presso ad Agra in un campo pieno d'infinito popolo, adunato intorno a una fossa colma di legne: sull'orlo della quale, da un lato, si vedevano alcuni con torchi accesi, in procinto di porle il fuoco; e da altro lato, sopra un palco, una donna giovane, coperta di vesti suntuosissime, e di ogni qualità di ornamenti barbarici, la quale danzando e vociferando, faceva segno di grandissima allegrezza. Prometeo vedendo questo, immaginava seco stesso una nuova Lucrezia o nuova Virginia, o qualche emulatrice delle figliuole di Eretteo, delle Ifigenie, de' Codri, de' Menecei, dei Curzi e dei Deci, che seguitando la fede di qualche oracolo, s'immolasse volontariamente per la sua patria. Intendendo poi che la cagione del sacrificio della donna era la morte del marito, pensò che quella, poco dissimile da Alceste, volesse col prezzo di se medesima, ricomperare lo spirito di colui.


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Operette morali
di Giacomo Leopardi
pagine 308

   





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