Soli in questo naufragio continuo e comune non meno degli scritti nobili che de' plebei, soprannuotano i libri antichi; i quali per la fama già stabilita e corroborata dalla lunghezza dell'età, non solo si leggono ancora diligentemente, ma si rileggono e studiano. E nota che un libro moderno, eziandio se di perfezione fosse comparabile agli antichi, difficilmente o per nessun modo potrebbe, non dico possedere lo stesso grado di gloria, ma recare altrui tanta giocondità quanta dagli antichi si riceve: e questo per due cagioni. La prima si è, che egli non sarebbe letto con quell'accuratezza e sottilità che si usa negli scritti celebri da gran tempo, né tornato a leggere se non da pochissimi, né studiato da nessuno; perché non si studiano libri, che non sieno scientifici, insino a tanto che non sono divenuti antichi. L'altra si è, che la fama durevole e universale delle scritture, posto che a principio nascesse non da altra causa che dal merito loro proprio ed intrinseco, ciò non ostante, nata e cresciuta che sia, moltiplica in modo il loro pregio, che elle ne divengono assai più grate a leggere, che non furono per l'addietro; e talvolta la maggior parte del diletto che vi si prova, nasce semplicemente dalla stessa fama. Nel qual proposito mi tornano ora alla mente alcune avvertenze notabili di un filosofo francese; il quale(3) in sostanza, discorrendo intorno alle origini dei piaceri umani, dice così. Molte cause di godimento compone e crea l'animo stesso nostro a se proprio, massime collegando tra loro diverse cose.
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