Comunemente elle sono avute per benefizi e doni della natura, e invidiate spesso da chi ne è privo, ai passati o ai presenti che le sortirono. Cosa non meno contraria al retto senso, che se qualche uomo sano invidiasse a quei miseri che io diceva, le calamità del loro corpo; quasi che il danno di quelle fosse da eleggere volentieri, per conto dell'infelice guadagno che partoriscono. Gli altri attendono a operare, per quanto concedono i tempi, e a godere, quanto comporta questa condizione mortale. Gli scrittori grandi, incapaci, per natura o per abito, di molti piaceri umani; privi di altri molti per volontà; non di rado negletti nel consorzio degli uomini, se non forse dai pochi che seguono i medesimi studi; hanno per destino di condurre una vita simile alla morte, e vivere, se pur l'ottengono, dopo sepolti. Ma il nostro fato, dove che egli ci tragga, è da seguire con animo forte e grande; la qual cosa è richiesta massime alla tua virtù, e di quelli che ti somigliano.
DIALOGO DI FEDERICO RUYSCH E DELLE SUE MUMMIE
(1)
Coro di morti nello studio di Federico Ruysch
Sola nel mondo eterna, a cui si volveOgni creata cosa,
In te, morte, si posaNostra ignuda natura;
Lieta no, ma sicuraDall'antico dolor. Profonda notte
Nella confusa menteIl pensier grave oscura;
Alla speme, al desio, l'arido spirtoLena mancar si sente:
Così d'affanno e di temenza è sciolto,
E l'età vote e lenteSenza tedio consuma.
Vivemmo: e qual di paurosa larva,
E di sudato sogno,
A lattante fanciullo erra nell'almaConfusa ricordanza:
| |
Federico Ruysch
|