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      Ma Socrate da principio non ebbe in animo di fare quest'innovazione, né d'insegnar che che sia, né di conseguire il nome di filosofo; che a quei tempi era proprio dei soli fisici o metafisici; onde egli per quelle sue tali discussioni e quei tali colloqui non lo poteva sperare: anzi professò apertamente di non saper cosa alcuna; e non si propose altro che d'intrattenersi favellando dei casi altrui; preferito questo passatempo alla filosofia stessa, niente meno che a qualunque altra scienza ed a qualunque arte, perché inclinando naturalmente alle azioni molto più che alle speculazioni, non si volgeva al discorrere, se non per le difficoltà che gl'impedivano l'operare. E nei discorsi, sempre si esercitò colle persone giovani e belle più volentieri che con altri; quasi ingannando il desiderio, e compiacendosi d'essere stimato da coloro da cui molto maggiormente avrebbe voluto essere amato. E perciocché tutte le scuole dei filosofi greci nate da indi in poi, derivarono in qualche modo dalla socratica, concludeva l'Ottonieri, che l'origine di quasi tutta la filosofia greca, dalla quale nacque la moderna, fu il naso rincagnato, e il viso da satiro, di un uomo eccellente d'ingegno e ardentissimo di cuore. Anche diceva, che nei libri dei Socratici, la persona di Socrate è simile a quelle maschere, ciascuna delle quali nelle nostre commedie antiche ha da per tutto un nome, un abito, un'indole; ma nel rimanente varia in ciascuna commedia.
      Non lasciò scritta cosa alcuna di filosofia, né d'altro che non appartenesse a uso privato.


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Operette morali
di Giacomo Leopardi
pagine 308

   





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