Soggiungeva, che ben suole alquanto conferire alla compassione l'avere sperimentato altre volte in se quegli stessi mali che si odono o veggono essere in altri, ma non il sostenerli al presente.
Diceva che la negligenza e l'inconsideratezza sono causa di commettere infinite cose crudeli o malvage; e spessissimo hanno apparenza di malvagità o crudeltà: come, a cagione di esempio, in uno che trattenendosi fuori di casa in qualche suo passatempo, lascia i servi in luogo scoperto infracidare alla pioggia; non per animo duro e spietato, ma non pensandovi, o non misurando colla mente il loro disagio. E stimava che negli uomini l'inconsideratezza sia molto più comune della malvagità, della inumanità e simili; e da quella abbia origine un numero assai maggiore di cattive opere: e che una grandissima parte delle azioni e dei portamenti degli uomini che si attribuiscono a qualche pessima qualità morale, non sieno veramente altro che inconsiderati.
Disse in certa occasione, essere manco grave al benefattore la piena ed espressa ingratitudine, che il vedersi rimunerare di un beneficio grande con uno piccolo, col quale il beneficato, o per grossezza di giudizio o per malvagità, si creda o si pretenda sciolto dall'obbligo verso lui; ed esso apparisca ricompensato, o per civiltà gli convenga far dimostrazione di tenersi tale: in modo che dall'una parte, venga ad essere defraudato anche della nuda e infruttuosa gratitudine dell'animo, la quale verisimilmente egli si aveva promessa in qualunque caso; dall'altra parte, gli sia tolta la facoltà di liberamente querelarsi dell'ingratitudine, o di apparire, siccome egli è nell'effetto, male e ingiustamente corrisposto.
| |
|