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      D'infinite cose che nella vita comune, o negli uomini particolari, sono ridicole veramente, è rarissimo che si rida; e se pure alcuno vi si prova, non gli venendo fatto di comunicare il suo riso agli altri, presto se ne rimane. All'incontro, di mille cose o gravissime o convenientissime, tutto giorno si ride, e con facilità grande se ne muovono le risa negli altri. Anzi le più delle cose delle quali si ride ordinariamente, sono tutt'altro che ridicole in effetto; e di moltissime si ride per questa cagione stessa, che elle non sono degne di riso o in parte alcuna o tanto che basti.
      Diciamo e udiamo dire a ogni tratto: i buoni antichi, i nostri buoni antenati; e uomo fatto all'antica, volendo dire uomo dabbene e da potersene fidare. Ciascuna generazione crede dall'una parte, che i passati fossero migliori dei presenti; dall'altra parte, che i popoli migliorino allontanandosi dal loro primo stato ogni giorno più; verso il quale se eglino retrocedessero, che allora senza dubbio alcuno peggiorerebbero.
      Certamente il vero non è bello. Nondimeno anche il vero può spesse volte porgere qualche diletto: e se nelle cose umane il bello è da preporre al vero, questo, dove manchi il bello, è da preferire ad ogni altra cosa. Ora nelle città grandi, tu sei lontano dal bello: perché il bello non ha più luogo nessuno nella vita degli uomini. Sei lontano anche dal vero: perché nelle città grandi ogni cosa è finta, o vana. Di modo che ivi, per dir così, tu non vedi, non odi, non tocchi, non respiri altro che falsità, e questa brutta e spiacevole.


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Operette morali
di Giacomo Leopardi
pagine 308