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      E che gli uccelli sieno e si mostrino lieti più che gli altri animali, non è senza ragione grande. Perché veramente, come ho accennato a principio, sono di natura meglio accomodati a godere e ad essere felici. Primieramente, non pare che sieno sottoposti alla noia. Cangiano luogo a ogni tratto; passano da paese a paese quanto tu vuoi lontano, e dall'infima alla somma parte dell'aria, in poco spazio di tempo, e con facilità mirabile; veggono e provano nella vita loro cose infinite e diversissime; esercitano continuamente il loro corpo; abbondano soprammodo della vita estrinseca. Tutti gli altri animali, provveduto che hanno ai loro bisogni, amano di starsene quieti e oziosi; nessuno, se già non fossero i pesci, ed eccettuati pure alquanti degl'insetti volatili, va lungamente scorrendo per solo diporto. Così l'uomo silvestre, eccetto per supplire di giorno in giorno alle sue necessità, le quali ricercano piccola e breve opera; ovvero se la tempesta, o alcuna fiera, o altra sì fatta cagione non lo caccia; appena è solito di muovere un passo: ama principalmente l'ozio e la negligenza: consuma poco meno che i giorni intieri sedendo neghittosamente in silenzio nella sua capannetta informe, o all'aperto, o nelle rotture e caverne delle rupi e dei sassi. Gli uccelli, per lo contrario, pochissimo soprastanno in un medesimo luogo; vanno e vengono di continuo senza necessità veruna; usano il volare per sollazzo; e talvolta, andati a diporto più centinaia di miglia dal paese dove sogliono praticare, il dì medesimo in sul vespro vi si riducono.


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Operette morali
di Giacomo Leopardi
pagine 308