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      Eleandro. Perfettibile lo crederò sopra la vostra fede; ma perfetto, che è quel che importa maggiormente, non so quando l'avrò da credere né sopra la fede di chi.
      Timandro. Non è giunto ancora alla perfezione, perché gli è mancato tempo; ma non si può dubitare che non vi sia per giungere.
      Eleandro. Né io ne dubito. Questi pochi anni che sono corsi dal principio del mondo al presente, non potevano bastare; e non se ne dee far giudizio dell'indole, del destino e delle facoltà dell'uomo: oltre che si sono avute altre faccende per le mani. Ma ora non si attende ad altro che a perfezionare la nostra specie.
      Timandro. Certo vi si attende con sommo studio in tutto il mondo civile. E considerando la copia e l'efficacia dei mezzi, l'una e l'altra aumentate incredibilmente da poco in qua, si può credere che l'effetto si abbia veramente a conseguire fra più o meno tempo: e questa speranza è di non piccolo giovamento a cagione delle imprese e operazioni utili che ella promuove o partorisce. Però se fu mai dannoso e riprensibile in alcun tempo, nel presente è dannosissimo e abbominevole l'ostentare cotesta vostra disperazione, e l'inculcare agli uomini la necessità della loro miseria, la vanità della vita, l'imbecillità e piccolezza della loro specie, e la malvagità della loro natura: il che non può fare altro frutto che prostrarli d'animo; spogliarli della stima di se medesimi, primo fondamento della vita onesta, della utile, della gloriosa; e distorli dal procurare il proprio bene.
      Eleandro.


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Operette morali
di Giacomo Leopardi
pagine 308