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      E così, dimostrando tutte le cose di essere occupate in servizio suo, pareva che l'universo fosse a somiglianza di una corte; nella quale la Terra sedesse come in un trono; e gli altri globi dintorno, in modo di cortigiani, di guardie, di servitori, attendessero chi ad un ministero e chi a un altro. Sicché, in effetto, la Terra si è creduta sempre di essere imperatrice del mondo: e per verità, stando così le cose come sono state per l'addietro, non si può mica dire che ella discorresse male; anzi io non negherei che quel suo concetto non fosse molto fondato. Che vi dirò poi degli uomini? che riputandoci (come ci riputeremo sempre) più che primi e più che principalissimi tra le creature terrestri; ciascheduno di noi, se ben fosse un vestito di cenci e che non avesse un cantuccio di pan duro da rodere, si è tenuto per certo di essere uno imperatore; non mica di Costantinopoli o di Germania, ovvero della metà della Terra, come erano gl'imperatori romani, ma un imperatore dell'universo; un imperatore del sole, dei pianeti, di tutte le stelle visibili e non visibili; e causa finale delle stelle, dei pianeti, di vostra signoria illustrissima, e di tutte le cose. Ma ora se noi vogliamo che la Terra si parta da quel suo luogo di mezzo; se facciamo che ella corra, che ella si voltoli, che ella si affanni di continuo, che eseguisca quel tanto, né più né meno, che si è fatto di qui addietro dagli altri globi; in fine, che ella divenga del numero dei pianeti; questo porterà seco che sua maestà terrestre, e le loro maestà umane, dovranno sgomberare il trono, e lasciar l'impero; restandosene però tuttavia co' loro cenci, e colle loro miserie, che non sono poche.


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Operette morali
di Giacomo Leopardi
pagine 308

   





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