Discorriamo insieme riposatamente, e andiamo pensando le ragioni: tu sfogherai l'animo tuo meco, ti dorrai, piangerai; che io merito da te questo: e in ultimo io non sono già per impedirti che tu non facci quello che noi troveremo che sia ragionevole, e di tuo utile.
Porfirio. Io non ti ho mai disdetto cosa che tu mi domandassi, Plotino mio. Ed ora confesso a te quello che avrei voluto tener segreto, e che non confesserei ad altri per cosa alcuna del mondo; dico che quel che tu immagini della mia intenzione, è la verità. Se ti piace che noi ci ponghiamo a ragionare sopra questa materia; benché l'animo mio ci ripugna molto, perché queste tali deliberazioni pare che si compiacciano di un silenzio altissimo, e che la mente in così fatti pensieri ami di essere solitaria e ristretta in se medesima più che mai; pure io sono disposto di fare anche di ciò a tuo modo. Anzi incomincerò io stesso; e ti dirò che questa mia inclinazione non procede da alcuna sciagura che mi sia intervenuta, ovvero che io aspetti che mi sopraggiunga: ma da un fastidio della vita, da un tedio che io provo, così veemente, che si assomiglia a dolore e a spasimo; da un certo non solamente conoscere, ma vedere, gustare, toccare la vanità di ogni cosa che mi occorre nella giornata. Di maniera che non solo l'intelletto mio, ma tutti i sentimenti, ancora del corpo, sono (per un modo di dire strano, ma accomodato al caso) pieni di questa vanità. E qui primieramente non mi potrai dire che questa mia disposizione non sia ragionevole: se bene io consentirò facilmente che ella in buona parte provenga da qualche mal essere corporale.
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Plotino
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