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      Tu sei cagione che si veggano gl'infelicissimi mortali temere più il porto che la tempesta, e rifuggire coll'animo da quel solo rimedio e riposo loro, alle angosce presenti e agli spasimi della vita. Tu sei stato agli uomini più crudele che il fato o la necessità o la natura. E non si potendo questo dubbio in alcun modo sciorre, né le menti nostre esserne liberate mai, tu hai recati per sempre i tuoi simili a questa condizione, che essi avranno la morte piena d'affanno, e più misera che la vita. Perciocché per opera tua, laddove tutti gli altri animali muoiono senza timore alcuno, la quiete e la sicurtà dell'animo sono escluse in perpetuo dall'ultima ora dell'uomo. Questo mancava, o Platone, a tanta infelicità della specie umana.
      Lascio che quello effetto che ti avevi proposto, di ritenere gli uomini dalle violenze e dalle ingiustizie, non ti è venuto fatto. Perocché quei dubbi e quelle credenze spaventano tutti gli uomini in sulle ore estreme, quando essi non sono atti a nuocere: nel corso della vita, spaventano frequentemente i buoni, i quali hanno volontà non di nuocere, ma di giovare; spaventano le persone timide, e le deboli di corpo, le quali alle violenze e alle iniquità non hanno né la natura inclinata, né sufficiente il cuore e la mano. Ma gli arditi, e i gagliardi, e quelli che poco sentono la potenza della immaginativa; in fine coloro ai quali in generalità si richiederebbe altro freno che della sola legge; non ispaventano esse, né tengono dal male operare: come noi veggiamo per gli esempi quotidianamente, e come la esperienza di tutti i secoli, da' tuoi dì per insino a oggi, fa manifesto.


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Operette morali
di Giacomo Leopardi
pagine 308

   





Platone