Pagina (239/308)

   

pagina


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

      (2) E anche mi ricordai che da quei tempi insino a ieri o all'altr'ieri, tutti i poeti e tutti i filosofi e gli scrittori grandi e piccoli, in un modo o in un altro, avevano ripetute o confermate le stesse dottrine. Sicché tornai di nuovo a maravigliarmi: e così tra la maraviglia e lo sdegno e il riso passai molto tempo: finché studiando più profondamente questa materia, conobbi che l'infelicità dell'uomo era uno degli errori inveterati dell'intelletto, e che la falsità di questa opinione, e la felicità della vita, era una delle grandi scoperte del secolo decimonono. Allora m'acquetai, e confesso ch'io aveva il torto a credere quello ch'io credeva.
      Amico. E avete cambiata opinione?
      Tristano. Sicuro. Volete voi ch'io contrasti alle verità scoperte dal secolo decimonono?
      Amico. E credete voi tutto quello che crede il secolo?
      Tristano. Certamente. Oh che maraviglia?
      Amico. Credete dunque alla perfettibilità indefinita dell'uomo?
      Tristano. Senza dubbio.
      Amico. Credete che in fatti la specie umana vada ogni giorno migliorando?.
      Tristano. Sì certo. È ben vero che alcune volte penso che gli antichi valevano, delle forze del corpo, ciascuno per quattro di noi. E il corpo è l'uomo; perché (lasciando tutto il resto) la magnanimità, il coraggio, le passioni, la potenza di fare, la potenza di godere, tutto ciò che fa nobile e viva la vita, dipende dal vigore del corpo, e senza quello non ha luogo. Uno che sia debole di corpo, non è uomo, ma bambino; anzi peggio; perché la sua sorte è di stare a vedere gli altri che vivono, ed esso al più chiacchierare, ma la vita non è per lui.


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

   

Operette morali
di Giacomo Leopardi
pagine 308