Laddove il concetto di Bruto fu come un'ispirazione della calamità, la quale alcune volte ha forza di rivelare all'animo nostro quasi un'altra terra, e persuaderlo vivamente di cose tali, che bisogna poi lungo tempo a fare che la ragione le trovi da se medesima, e le insegni all'universale degli uomini, o anche de' filosofi solamente. E in questa parte l'effetto della calamità si rassomiglia al furore de' poeti lirici, che d'un'occhiata (perocché si vengono a trovare quasi in grandissima altezza) scuoprono tanto paese quanto non ne sanno scoprire i filosofi nel tratto di molti secoli. In quasi tutti i libri antichi (o filosofi o poeti o storici o qualunque sieno gli scrittori) s'incontrano molte sentenze dolorosissime, che se bene oggidì corrono più volgarmente, non per questo si può dire che fra gli uomini di quei tempi fossero pellegrine. Ma esse per lo più derivano dalla miseria particolare ed accidentale di chi le scriveva, o di chi si racconta o si finge che le profferisse. E quei concetti o, parlando generalmente, quella tristezza e quel tedio che s'accompagnano tanto all'apparenza della felicità quanto alle miserie medesime e ch'hanno rispetto alla natura ed all'ordine immutabile e universale delle cose umane, è raro assai che si trovino significati ne' monumenti degli antichi. I quali antichi quando erano travagliati dalle sventure, se ne dolevano in modo come se per queste sole fossero privi della felicità: la quale essi stimavano possibilissima a conseguire, anzi propria dell'uomo, se non quanto la fortuna gliela vietasse.
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Bruto
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