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      Tutto questo si ricava, non solamente dalle cose dette di sopra, ma da' riscontri che s'hanno degl'insegnamenti di Teofrasto in parecchi luoghi degli scrittori antichi. E quasi ch'egli avesse avuto a dimostrare cogli accidenti suoi propri la verità delle sue dottrine; primieramente non è tenuto da' filosofi moderni in quella stima che dovrebbe, essendo perduti da più secoli, per quello che se ne sappia, tutti i suoi libri morali, eccetto solo i Caratteri, come anche sono perduti i libri politici o appartenenti alle leggi, e quasi tutti quelli di metafisica. Oltre di ciò, non che i filosofi antichi lo celebrassero per aver veduto più di loro, anzi per questo rispetto medesimo lo vituperarono e maltrattarono, e particolarmente quelli, tanto meno sottili quanto più superbi, i quali si compiacevano d'affermare e di sostenere che il sapiente è felice per se; volendo che la virtù o la sapienza basti alla beatitudine; quando sentivano pur troppo bene in se medesimi che non basta, se però avevano effettivamente o l'una o l'altra di quelle condizioni. Della qual fantasia non pare che filosofi sieno ancora guariti, anzi pare che sieno peggiorati non poco, volendo che ci debba menare alla felicità questa filosofia presente, la quale in somma non dice e non può dir altro, se non che tutto il bello, il piacevole e il grande è falsità e nulla. Ma per non dividerci da Teofrasto, i più degli antichi erano incapaci di quel sentimento doloroso e profondo che l'animava. Teofrasto è malmenato nei libri e nelle scuole di tutti i filosofi per aver lodato nel Callistene quel motto: non la sapienza ma la fortuna è signora della vita.


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Operette morali
di Giacomo Leopardi
pagine 308

   





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