Dai quali pensieri nascevano quei sentimenti nobilissimi che Cicerone lasciò spiegati in più luoghi, e particolarmente nell'orazione per Archia.
DIALOGO DI UN LETTORE DI UMANITÀ E DI SALLUSTIOLettore. Figliuoli, questo luogo del testo non mi contenta; e ve ne ammonisco acciocché l'autorità di Sallustio non v'induca in errore.
Sallustio. Che si va mormorando dei fatti miei? Se avessi saputo che l'invidia non muore in mille novecent'anni, io toglieva d'essere invidioso piuttosto che eccellente.
Lettore. Chi sei tu?
Sallustio. L'autore che tu hai nelle mani.
Lettore. Tu vuoi dire l'autor del libro che ho nelle mani, ma per amore di brevità non hai rispetto a darmiti in pugno personalmente. Or come sei tu qui? Ma comunque ci sii, non rileva. Io vorrei che tu mi sciogliessi una difficoltà che mi nasce in un passo qui dell'aringa che tu fai sotto nome di Catilina quando sta per dare la battaglia alle genti del proconsole. Il passo è questo: Quapropter vos moneo uti forti atque parato animo sitis, et quum proelium inibitis memineritis vos divitias, decus, gloriam, praeterea libertatem atque patriam in dextris vestris portare. Dimmi: alla scuola di Nigidiano o di Fausta, o pure in Numidia al tempo che attendevi a far bene ai popoli sgravandoli del loro avere, o dove e quando si sia, studiasti tu di rettorica?
Sallustio. Così studiassi tu d'etica. Che dimande sono coteste?
Lettore. Non andare in collera: così possa tu guarire dei segni delle staffilate che rilevasti da Milone per amore della bellezza.
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