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      Dimmi in cortesia: che figura intendevi tu di adoperare in questo passo? quella che i miei pari chiamano della gradazione, o qualche altra?
      Sallustio. Maestro sì, quella.
      Lettore. La gradazione sale o scende com'è l'occorrenza; ma qui conviene che salga, cioè a dire che delle cose che tu nomini, la seconda sia maggiore della prima, la terza della seconda, e così l'altre, in modo che l'ultima vorrebbe essere la maggiore di tutte. Non dico io vero?
      Sallustio. Oh verissimo.
      Lettore. Ma tu, caro Crispo, sei proprio andato come il gambero, o come vanno le persone prudenti quando veggono l'inimico. La prima cosa che tu nomini è la ricchezza, la quale dice Teognide che si dee cercare al caldo e al freddo, per terra e per acqua, balzando a un bisogno giù dalle rocce, scagliandosi in mare, e non perdonando a pericolo né a fatica che torni a proposito. La seconda è l'onore, del quale una gran parte degli uomini fa capitale, ma non tanto, che non lo venda a buon mercato. La terza è la gloria, che piacerebbe a molti, se la potessero acquistare senza fatica e senza scomodo, ma non potendo, ciascuno si contenta di lasciarla stare. La quarta è la libertà, della quale non si ha da far conto. L'ultima è la patria, e questa non si troverebbe più al mondo, se non fosse nel vocabolario. Insomma la cosa che tu metti per ultima, non solo non è maggiore di tutte l'altre, ma già da un gran pezzo non è più cosa; l'altre importano ciascheduna più della susseguente; e la prima è tale che gli uomini per ottenerla sono pronti a dare in occasione la patria, la libertà, la gloria, l'onore, che sono quegli altri tuoi beni; e darli tutti in un fascio; e farci la giunta se occorre.


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Operette morali
di Giacomo Leopardi
pagine 308

   





Crispo Teognide