In queste parole e specialmente in quell'anche e in quell'al tutto, mi par di scorgere chiarissimamente l'angustia del metafisico, che vedendo la linea del suo ragionamento torcersi e piegare, cerca di rimediarci colle parole. Ma poichè finalmente affermate che la nostra immaginazione ha bisogno d'esser sedotta, (e in seguito poi lo conferma il Breme senza nessuna dubitazione in parecchi altri luoghi) il vostro ragionamento va tutto a terra: chè quando uno di noi si mette a leggere una poesia sapendo di dover esser sedotto e desiderando di esserlo, tanto crede al più falso quanto al meno falso, tanto crede al Milton quanto a Omero, tanto agli spettri del Bürger quanto all'inferno dell'Odissea e dell'Eneide; e quel dire che le finzioni non debbono essere al tutto arbitrarie è una miseria, quasi che la immaginativa dei moderni potesse essere ingannata di tanto solo, e non più, e l'intelletto nostro nel mezzo della lettura e dell'inganno della fantasia non comprendesse egualmente la falsità delle invenzioni del Klopstock e di quelle di Omero e di Virgilio. Il tutto sta se l'immaginazione nostra possa e debba esser sedotta dalla poesia o no, se sì tutti i vostri ragionamenti seguenti sono attaccati collo sputo, e il poeta deve pensare a sedurre come crede meglio, e s'egli non sa sedurre, la colpa è sua, e non del genere che ha scelto. Un'altra svista del Breme (e probabilmente di tutti i suoi settari) è dove parlando della mitologia greca, dice che la natura è vita, che la fantasia umana e la poesia si compiace in immaginare che tutto viva, cioè conosca di essere, e qui si diffonde in magnificare [19]questa sorgente della poesia moderna che consiste in non guardare nessuna cosa con noncuranza, in attribuir senso a ogni cosa e riconoscer vita sotto tutte le possibili forme, in avvivare insomma la natura col mezzo d'idee poeticamente analoghe ec. ec.
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