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      Così nè più nè meno i diversi odori, i diversi sapori, i diversi colori de' quali l'uno diletterà principalmente questa persona, e l'altro quest'altra. Il canto umano fa effetto grande nell'uomo. Al contrario quello degli uccelli non molto. Grandissimo però dev'essere il diletto che cagiona negli uccelli, giacchè si vede che questi cantano per diletto, [159]e che la loro voce non è diretta ad altro fine come quella degli altri animali. (eccetto le cicale i grilli e altri tali che nel continuo uso della loro voce non par che possano avere altro fine che il diletto) Ed io sono persuaso che il canto degli uccelli li diletti non solo come canto, ma come contenente bellezza, cioè armonia, che noi non possiamo sentire non avendo la stessa idea della convenienza de' tuoni.
      (7. Luglio 1820.)
     
      Osservate ancora un finissimo magistero della natura. Gli uccelli ha voluto che fossero per natura loro i cantori della terra e come ha posto i fiori per diletto dell'odorato, così gli uccelli per diletto dell'udito. Ora perchè la loro voce fosse bene intesa, che cosa ha fatto? Gli ha resi volatili, acciocchè il loro canto venendo dall'alto, si spargesse molto in largo. Questa combinazione del volo e del canto non è certamente accidentale. E perciò la voce degli uccelli reca a noi più diletto che quella degli altri animali (fuorchè l'uomo) perchè era espressamente ordinata al diletto dell'udito. E credo che ne rechi anche più agli altri animali che sono in uno stato naturale, e forse perciò più capaci di trovarci o tutta o in parte quell'armonia che ci trovano gli stessi uccelli, e che noi non ci troviamo, perchè allontanandoci dalla natura, abbiamo perduto certe idee primitive intorno alla convenienza, non assolute e necessarie, ma tuttavia dateci forse arbitrariamente dalla natura.


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Zibaldone. Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura
Parte Prima
di Giacomo Leopardi
pagine 1913