E quantunque paia che l'immaginazione anche appresso loro sia caldissima originalissima ec. tuttavia quella è piuttosto filosofia e profondità, che immaginazione, e la loro poesia piuttosto metafisica che poesia, venendo più dal pensiero che dalle illusioni. E il loro sentimentale è piuttosto disperazione che consolazione. E la poesia antica perciò appunto non è stata mai fatta per loro; perciò appunto hanno gusti tutti differenti, e si compiacciono degli enti allegorici, delle astrazioni ec. (v. p.154.) perciò appunto sarà sempre vero che la nostra è propriamente la patria della poesia, e la loro quella del pensiero. (V. p.143-144.)
Dopo che la natura ha posto nell'uomo una inclinazione illimitata al piacere, è rimasta libera di fare che questa o quella cosa fosse considerata come piacere. Perciò le cagioni per cui una cosa è piacevole, sono indipendenti dalla sovresposta teoria, dipendendo dall'arbitrio della natura il determinare in qual cosa dovessero consistere i piaceri, e conseguentemente quali particolari dovessero esser l'oggetto della sopraddetta inclinazione dell'uomo. Esclusi quei piaceri che ho annoverati poco sopra (p.172. segg.), i quali sono piaceri, non perch'è piaciuto alla natura di volerli tali indipendentemente dalla inclinazione dell'uomo al piacere, ma solamente o principalmente per questo, che l'uomo desidera [178]illimitatamente il piacere. Del resto la virtù, i piaceri corporali, quelli della curiosità (v. se vuoi Montesquieu nel luogo citato p.170. qui sopra) (giacchè, come ho detto, per piacere intendo e vanno intese tutte le cose che l'uomo desidera) ec. ec. sono piaceri perchè la natura ha voluto, e potevano non essere con tutta la inclinazione dell'uomo al piacere, come l'idea assoluta che l'uomo ha della convenienza non è ragione perchè queste o quelle cose gli paiano convenienti, e belle.
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Montesquieu
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