E dei piaceri altri sono comuni, altri particolari di questa o quella nazione, altri di questa o quella classe d'uomini, come i piaceri appartenenti all'avarizia all'ambizione ec., altri anche individuali, secondo le assuefazioni, le opinioni, le costituzioni corporali, i climi ec. come l'idea rispettiva della bellezza dipende dalle assuefazioni costumi opinioni ec. (V. Montesquieu l.c. De la sensibilité. p.392.) E la natura ha posto nell'uomo diverse qualità delle quali altre si sviluppano necessariamente, altre o si sviluppano o restano chiuse e inattive secondo le circostanze. E di queste seconde altre la natura voleva, o non proibiva che si sviluppassero, altre non voleva, e sviluppandosi, rendono l'uomo infelice. E la cagione per cui le ha poste nell'uomo non volendo che sviluppassero, starà nel sistema profondo della natura, e probabilmente si potrebbe scoprire, se non ci fermassimo adesso sul generale. Secondo queste diverse qualità, l'uomo trova piacevoli diverse cose, e l'uomo incivilito prova diversi piaceri dal primitivo, e sentirà dei piaceri che il primitivo non provava, e non proverà molti di quelli che il primitivo provava. E perciò dall'esserci ora piacevole una cosa il cui piacere dipenda dal nostro eccessivo incivilimento, non deduciamo che questo era voluto dalla natura. E se ora [179]p.e. l'eccessiva curiosità del vero ci proccura molti piaceri quando arriviamo a conoscerlo, non perciò dobbiamo stimare che la natura ci volesse così curiosi, nè che questi piaceri sieno naturali, nè che l'uomo naturale ne avesse gran vaghezza, o non sapesse benissimo contenersi in questo desiderio, nè per conseguenza che l'infelicità dell'uomo fosse necessaria, e provenga dalla natura assoluta dell'uomo, quando proviene dalla nostra rispettiva e corrotta.
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