Anzi è notabile come quel sentimento che pare a prima giunta la cosa più spirituale dell'animo nostro (v. p.106-107.), sia una conseguenza immediata e necessaria (nella nostra condizione presente) della cosa più materiale che sia negli esseri viventi cioè dell'amor proprio e della propria conservazione, di quella cosa che abbiamo affatto comune coi bruti, e che per quanto possiamo comprendere può parer propria in certo modo di tutte le cose esistenti. Certamente non c'è vita senza amor di se stesso, e amor della vita. Quanto poi alla facoltà che ha l'immaginazione nostra di concepire un certo infinito, un piacere che l'anima non possa abbracciare, cagione vera per cui l'infinito le piace, quanto dico a questa facoltà, la quale è indipendente dalla inclinazione al piacere, e stava in arbitrio della natura di darcela o non darcela, giudichi ciascuno quanto possa provare in favore della nostra grandezza. Io per me credo 1. che la natura l'abbia posta in noi solamente per la nostra felicità temporale, che non poteva stare senza queste illusioni. 2. osservo che questa facoltà è grandissima nei fanciulli, primitivi, ignoranti, barbari ec. Quindi congetturo e mi par ben verisimile che esista anche nelle bestie in un certo grado, e relativamente a certe idee, come son quelle dei fanciulli ec. 3. considero che la ragione, la quale si vuole avere per fonte della nostra grandezza, e cagione della nostra superiorità sopra gli altri animali, qui non ha che far niente, se non per [181]distruggere; per distruggere quello che v'ha di più spirituale nell'uomo, perchè non c'è cosa più spirituale del sentimento nè più materiale della ragione, giacchè il raziocinio è un'operazione matematica dell'intelletto, e materializza e geometrizza anche le nozioni più astratte.
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