(10. ottobre 1820.)
[270]Quello che ho detto p.266.-268. deve servir di regola agli scrittori drammatici nell'esprimere e modellare i caratteri dei diversi tempi.
(10. ottobre 1820.)
La semplice bellezza rispetto alla grazia ec. è nella categoria del bello, quello ch'è la ragione rispetto alla natura nel sistema delle cose umane. Questa considerazione può applicarsi a spiegare l'arcana natura e gli effetti della grazia.
La ragione è debolissima e inattiva al contrario della natura. Laonde quei popoli e quei tempi nei quali prevale più o meno la ragione saranno stati e saranno sempre inattivi in proporzione della influenza di essa ragione. Al contrario dico della natura. Ed un popolo tutto ragionevole o filosofo non potrebbe sussistere per mancanza di movimento e di chi si prestasse agli uffizi scambievoli e necessari alla vita. ec. ec. E infatti osservate quegli uomini (che non sono rari oggidì) stanchi del mondo e disingannati per lunga esperienza, e possiamo dire, renduti perfettamente ragionevoli. Non sono capaci d'impegnarsi in nessun'azione, e neanche desiderio. Simili al march. D'Argens, di cui dice Federico nelle Lettere, che per pigrizia, non avrebbe voluto pur respirare, se avesse potuto. La conseguenza della loro stanchezza, esperienza, e cognizione delle cose è una perfetta indifferenza che li fa seguire il moto altrui senza muoversi da se stessi, anche nelle cose che li riguardano. Laonde se questa indifferenza potesse divenire universale [271]in un popolo, non esistendovi moto altrui, non vi sarebbe movimento di nessuna sorta.
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Argens Federico Lettere
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