E ciò in qualunque malattia, anche nelle acutissime, nelle quali il Buffon pare che convenga che la morte possa esser dolorosa. Anzi il torpore della morte dev'esser tanto più dilettevole, quanto maggiori sono le pene che lo precedono, e da cui esso per conseguenza ci libera. E però generalmente e sempre, il torpore della morte dev'essere più grato di quello del sonno, perchè succede a molto maggior travaglio. Il qual sonno come ho detto non è mai penoso, quando anche sia cagionato da pene, anche da angoscie vive, come da febbre ardente ec. Quanto alle malattie dove l'uomo si estingue appoco appoco, e con piena conoscenza fino all'ultimo, è certo che non v'è momento così immediatamente vicino alla morte, dove l'uomo anche il meno illuso non si prometta un'ora almeno di vita, come si dice de' vecchi ec. E così la morte non è mai troppo vicina al pensiero del moribondo, per la solita misericordia della natura. Vedi p.599. capoverso 2. Io bene spesso trovandomi in gravi travagli o corporali o morali, ho desiderato non solamente il riposo, ma la mia anima senza sforzo, e senza eroismo, si compiaceva [292]naturalmente nell'idea di un'insensibilità illimitata e perpetua, di un riposo, di una continua inazione dell'anima e del corpo, la qual cosa desiderata in quei momenti dalla mia natura, mi era nominata dalla ragione col nome espresso di morte, nè mi spaventava punto. E moltissimi malati non eroi, nè coraggiosi anzi timidissimi, hanno desiderato e desiderano la morte in mezzo ai grandi dolori, e sentono un riposo in quell'idea, il quale sarebbe molto maggiore, se l'idea della morte non fosse accompagnata dai timori del futuro, e da cento altre cose estranee, e d'altro genere.
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Buffon
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