Solamente quella grazia che non deriva dalla naturalezza, semplicità ec. l'eleganza ec. può guadagnare; ma quella che deriva dai detti fonti, (massime nelle frasi e modi) ed è la principale, e più solida e durevole; la forza poi assolutamente, l'evidenza e l'efficacia, non possono altro che perdere infinitamente coll'abolizione delle parole antiche, e peggio colla sostituzione delle nuove. Qui ancora ha luogo la grande inferiorità dell'arte e della ragione alla natura, in tutto il bello, il grande, il forte, il grazioso ec.
(21. Nov. 1820.)
Tutte le cose vengono a noia colla durata, anche i diletti più grandi: lo dice Omero, lo vediamo tuttogiorno. La monotonia è insoffribile. Ma un grande e forse sommo rimedio di questo male, è lo scopo. Quando l'uomo si [346]propone uno scopo o dell'azione, o anche dell'inazione, trova diletto anche nelle cose non dilettevoli, anche nelle spiacevoli, quasi anche nella stessa monotonia; e quanto alle cose dilettevoli, l'uniformità e durata loro non nuoce al piacere di chi le dirigge a un fine. Io non credo che per altra più capitale, universale ed intima ragione, gli studi sieno agli studiosi come un'eccezione dalla regola generale, cioè la continuazione di essi non pregiudichi quasi mai al piacere. Vedete tutto giorno delle persone che non leggono per altro fine che di passare il tempo, trovar gran diletto nelle prime pagine di un libro, e non poterne arrivare al fine senza noia, quando anche quel libro abbia per se stesso tutti i mezzi per dilettare in seguito come nel principio.
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Omero
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