E perciò non riponga l'utilità in quelle cose che semplicemente aiutano, conservano ec. la vita, considerata quasi fosse un bene per se stessa, ma in quelle che la rendono [352]un bene, cioè felice da vero. Ma felice da vero non la rende altro che il falso, ed ogni felicità fondata sul vero, è falsissima, o vogliamo dire, ogni felicità si trova falsa e vana, quando l'oggetto suo giunge ad esser conosciuto nella sua realtà e verità.
Ho veduto le lezioni di un tedesco, il sig. Hufeland, dell'arte di prolungare la vita, lezioni dettate da lui per una cattedra ch'egli occupava, dedicata espressamente a quest'arte. Prima bisognava insegnare a render la vita felice, e quindi a prolungarla. Infelicissima com'è, stimerei molto più chi m'insegnasse ad abbreviarla, perchè non ho mai saputo che sia degno di lode, e giovi al pubblico colui che insegna a prolungare l'infelicità. In vece di fondare queste cattedre che sono al tutto straniere anzi contrarie alla natura dei tempi, i principi dovrebbero proccurare che la vita dell'uomo fosse più felice, ed allora saremmo grati a chi c'insegnasse a prolungarla. Se la durata fosse un bene per se stessa, allora sarebbe ragionevole il desiderio di viver lungamente in qualunque caso.
Nominando i nostri antenati, sogliamo dire, i buoni antichi, i nostri buoni antichi. Tutto il mondo ha opinione che gli antichi fossero migliori di noi, tanto i vecchi che perciò gli lodano, quanto i giovani che perciò li disprezzano. Il certo [353]è che il mondo in questo non s'inganna: il certo è che, senza però pensarvi, egli riconosce e confessa tutto giorno il suo deterioramento.
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