L'eloquenza massimamente giudiziaria, ma anche d'ogni altro genere, consiste in gran parte nell'appianare le scabrosità, riempiere i voti e le valli, agguagliare la superficie, e raddrizzare le storture delle cose. E però succede bene spesso che ascoltando o leggendo un pezzo eloquente tu sei persuaso di una cosa, della quale da te stesso non ti saresti mai persuaso, e della quale dubiterai forse nel seguito, o la condannerai; credi fattibile, e facile una cosa, che ti pareva e tornerà a parerti impossibile [360]o difficile; ti svaniscono quelle incertezze, quelle difficoltà ec. e tu sei costretto a non vedere e dimenticare quello che vedevi, a contraddire e condannare te stesso, anzi sovente a vedere e non vedere, ricordarti e dimenticare nello stesso tempo. Tale è la proprietà non solo dell'eloquenza che strascina, ma anche di quella secca eloquenza, fondata sopra uno stretto ragionamento, e una dialettica per lo più ingannatrice (se non quanto al tutto, almeno quanto alle parti): eloquenza della quale fra gli antichi sono modelli i così detti Oratori attici, fra i moderni (parlo almeno degli oratori di professione) forse il solo Bourdaloue, oratore veramente e propriamente attico, il quale convince l'uomo di cose non sempre vere, se non altro, non interamente vere.
(27. Nov. 1820.)
Non eadem omnibus esse honesta atque turpia, sed omnia maiorum institutis iudicari. Corn. Nep. praef.
Alla p.329. fine. Nulla Lacedaemoni tam est nobilis vidua quae non ad scenam eat mercede conducta.
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Oratori Bourdaloue Lacedaemoni
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