Ecco dunque arrivata la necessità di una religione perfettamente ragionevole [426](cioè rivelata, perchè senza il fondamento della rivelazione, come può una perfetta ragione credere o tornare a credere quello che, umanamente parlando, è veramente falso?) o almeno perfettamente conforme a quella tal misura della ragione e sapere di quei tali tempi. Ed ecco il punto in cui comparve il Cristianesimo, cioè quel momento in cui l'eccessivo progresso della ragione e del sapere, negando tutto o dubitando di tutto (perchè tutto è veramente falso o dubbio senza la rivelazione), spegnendo tutte le illusioni o credenze primitive, gettava l'uomo nell'inazione, nell'indifferenza, nell'egoismo (e quindi nella malvagità); riduceva la vita affatto morta, e barbara di quella orrenda barbarie nella quale, in maggior grado però, siamo caduti in questi ultimi secoli: quel momento in cui la virtù, l'eroismo, l'amor patrio, l'amore scambievole ec. erano considerati per quei fantasmi che sono (umanamente parlando): quel momento in cui per conseguenza erano rotti tutti i legami sociali, e anche individuali, cioè dell'uomo con se stesso e con la vita: quel momento in cui non solo le illusioni primitive, ma anche quelle che si sviluppano naturalmente nell'uomo ridotto in società, (quali sono quasi tutte le illusioni sopraddette), erano pure estinte: [427]quel momento a cui forse si dee riferire il maggior progresso della setta scettica o Pirroniana. (V. Diog. Laerz. l.9. Luciano passim, e Sesto Empirico, i quali furono bensì sotto Aurelio, e Comodo, cioè dopo nato il Cristianesimo
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