Tali forze sono le malattie, le violenze fattegli da altri individui, o da altre specie, o dagli elementi ec. ec. ec. Quest'infelicità non entra nel nostro discorso. Essa è appresso a poco l'infelicità antica.)
Da queste osservazioni deducete che propriamente la nemica della natura non è la ragione, ma la scienza e cognizione, ossia l'esperienza che n'è la madre. Perchè anche le operazioni e tutta la vita dell'uomo naturale, e degli altri viventi, è perfettamente ragionevole, giacchè deriva da credenze tirate in forma di conseguenza, per via di sillogismo, da quei tali dati. L'esperienza, crescendo oltre il dovere, cambia, altera, moltiplica soverchiamente le basi di questi sillogismi produttori delle credenze, e quindi alterando dette conseguenze o credenze, fa che non sia più ragionevole il determinarsi a credere quelle tali cose naturalmente credibili, e quindi a fare o fuggire quelle tali cose naturalmente da farsi o da fuggirsi. Ma la ragione assolutamente in se stessa, è innocente; ed ha la sua intera azione anche [448]nello stato naturale; vale a dire, anche nello stato naturale l'uomo (e così nè più nè meno il bruto) è conseguente, e si determina a credere quello che gli par vero, per via di perfetto raziocinio; e si determina ad abbracciare o fuggire quello che crede veramente buono o cattivo per lui, rispetto alla sua natura generale e individuale, e alle sue circostanze di quel tal momento in cui si determina.
Del resto, come l'indifferenza assoluta, ossia la mancanza di ogni determinazione dell'intelletto, cioè di ogni credenza, sarebbe mortifera per l'animale libero, e dipendente dalla sua propria determinazione; così anche appresso a poco il dubbio, ch'è quasi tutt'uno col detto stato.
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