Così p.e. se tu sei stato lodato, o ti sei trovato in una occasione di brillare, di gloria, ec. L'atto di quel piacere è stato quale l'ho descritto: ma finito l'atto, lo vai ruminando a parte a parte, e torna un altro atto di piacere composto alla stessa guisa, e fondato o sul semplice gusto della [535]ricordanza, o sulla relazione che quel preteso piacere ha col futuro, con quei piaceri o beni che tu (come credi) puoi dunque o devi provare, coll'idea che ti dà della futura vita, coi disegni, coll'idea di te stesso, delle tue forze ec. colle speranze o reali, o rispetto all'opinione e immaginazione tua; insomma tutto futuro, tanto riguardo all'atto del nuovo piacere presente, quanto agli oggetti di esso piacere. Così il piacere non è mai nè passato nè presente, ma sempre e solamente futuro. E la ragione è, che non può esserci piacer vero per un essere vivente, se non è infinito; (e infinito in ciascuno istante, cioè attualmente) e infinito non può mai essere, benchè confusamente ciascuno creda che può essere, e sarà, o che anche non essendo infinito, sarà piacere: e questa credenza (naturalissima, essenziale ai viventi, e voluta dalla natura) è quello che si chiama piacere; è tutto il piacer possibile. Quindi il piacer possibile non è altro che futuro, o relativo al futuro, e non consiste che nel futuro. (20. Gen. 1821.). V. p.612. capoverso 1.
Alla p.532. Questo si può osservare [536]anche negli effetti fisici o esterni delle dette sensazioni interne, sieno relativi alla salute, sieno ai moti, ai gesti, sieno alle risoluzioni e azioni alle quali strascinano i fanciulli e i primitivi, e ciò con tale irresistibilità, e violenza infallibile, quale non ha verun'altra sensazione interna nelle altre età e condizioni, ma solamente alcune delle esterne e fisiche.
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