Nato dunque l'egoismo, nè il popolo poteva ubbidir più se non era servo, nè il principe comandare senza esser tiranno. (V. p.523. capoverso ult.) Le cose non andavano più alla buona, nè secondo natura, e questo o quello non andava in questo o quel modo, se non per una necessità certa e definita: ed era divenuta indispensabile, quella che ora lo è molto più, in proporzione della maggior corruttela, cioè la matematica delle cose, delle regole, delle forze.
[565]Ma restava ancora nel mondo tanta natura, tanta forza di credenze naturali o illusioni, da poter sostenere lo stato democratico, e conseguirne una certa felicità e perfezione di governo. Uno stato favorevolissimo alle illusioni, all'entusiasmo ec. uno stato che esigge grand'azione e movimento: uno stato dove ogni azione pubblica degl'individui è sottoposta al giudizio, e fatta sotto gli occhi della moltitudine, giudice, come ho detto altrove, per lo più necessariamente giusto; uno stato dove per conseguenza la virtù e il merito non poteva mancar di premio; uno stato dove anzi era d'interesse del popolo il premiare i meritevoli, giacchè questi non erano altro che servitori suoi, ed i meriti loro, non altro che benefizi fatti al popolo, il quale conveniva che incoraggisse gli altri ad imitarli; uno stato dove, se non altro, e malgrado le ultime sventure individuali, non può quasi mancare al merito, ed alle grandi azioni il premio della gloria, quel fantasma immenso, quella molla onnipotente nella società; uno stato, del [566]quale ciascuno sente di far parte, e al quale però ciascuno è affezionato, e interessato dal proprio egoismo, e come a se stesso; uno stato dove non c'è molto da invidiare, perchè tutti sono appresso a poco uguali, i vantaggi sono distribuiti equabilmente, le preminenze non sono che di merito e di gloria, cose poco soggette all'invidia, e perchè la strada per ottenerle è aperta a ciascheduno, e perchè non si ottengono se non per mezzo e volontà di ciascheduno, e perchè ridondano in vantaggio della moltitudine; in somma uno stato che sebbene non è il primitivo della società, è però il primitivo dell'uomo, naturalmente libero, e padrone di se stesso, e uguale agli altri (come ogni altro animale), e quindi moltissimo della natura sola sorgente di perfezione e felicità: un simile stato finchè restava tanta natura da sostenerlo, e quanta bastava perch'egli fosse ancora compatibile colla società; era certamente dopo la monarchia primitiva, il più conveniente all'uomo, il più fruttuoso alla vita, il più felice.
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