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      Laonde la libertà nella lingua dee venire dalla perfetta scienza e non dall'ignoranza. La quale debita e conveniente libertà manca oggigiorno in quasi tutti gli scrittori. Perchè quelli che vogliono seguire la purità e l'indole e le leggi della lingua, non si portano liberamente, anzi da schiavi. Perchè non possedendola intieramente e fortemente, e sempre sospettosi di offendere, vanno così legati che pare che camminino fra le uova. E quelli che si portano liberamente, hanno quella libertà de' plebei, che deriva dall'ignoranza della lingua, dal non saperla maneggiare, e dal non curarsene. E questi in comparazione [705]degli altri sopraddetti, si lodano bene spesso come scrittori senza presunzione. Quasi che da un lato fosse presunzione lo scriver bene (e quindi anche l'operar bene, e tutto quello che si vuol fare convenientemente, fosse presunzione); dall'altro lato scrivesse bene chi ne dimostra presunzione. Quando anzi il dimostrarla, non solamente in ordine alla buona lingua, ma a qualunque altra dote della scrittura, è il massimo vizio nel quale scrivendo si possa incorrere. Perchè in somma è la stessa cosa che l'affettazione; e l'affettazione è la peste d'ogni bellezza e d'ogni bontà, perciò appunto che la prima e più necessaria dote sì dello scrivere, come di tutti gli atti della vita umana, è la naturalezza.
      (28. Feb. 1821.)
     
      Alla p.694. Perchè la lingua non era ancora formata nè stabilita, nè il suo corpo ordinato, e neppure la sua gramatica. Essi la formavano, ma per forza del tempo, e [706]di circostanze accidentali ed estrinseche, non come Omero per forza del suo proprio ingegno formava l'Epopea.


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Zibaldone. Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura
Parte Prima
di Giacomo Leopardi
pagine 1913

   





Omero Epopea