Tutte a presso a poco sono disposte ad acquistarle, e possono non acquistarle mai, e restarsene poverissime e debolissime, e impotentissime, e uniformi, cioè senza nè ricchezza, nè copia, nè varietà. Tale sarebbe restata la lingua nostra, senza quello ch'io dirò. Tutte lo sono nei loro principii, e non intendo mica nei loro primissimi nascimenti, ma finattanto che non sono coltivate, e con molto studio ed impegno, e da molti, e assiduamente, e per molto tempo. Quello che proccura alle lingue le dette facoltà e buone qualità, è principalmente (lasciando l'estensione, il commercio, la mobilità, l'energia, la vivacità, gli avvenimenti, le vicende, la civiltà, le cognizioni, le circostanze politiche, morali, fisiche delle nazioni che le parlano) è, dico, principalmente e più stabilmente e durevolmente che qualunque altra cosa, la copia e la varietà degli scrittori che l'adoprano e coltivano. (V. p.1202.) Questa siccome, per ragione della maggior durata, e di altre molte circostanze, fu maggiore nella Grecia che nel Lazio, perciò la lingua greca possedè le dette [768]qualità, in maggior grado che la latina; ma non prima le possedè che fosse coltivata e adoperata da buon numero di scrittori, e sempre (come accade universalmente) in proporzione che il detto numero e la varietà o de' soggetti o degli stili o degl'ingegni degli scrittori, fu maggiore, e s'accrebbe. La lingua latina similmente non le possedè (sebben meno della greca, pure in alto grado) se non quando ebbe copia e varietà di scrittori.
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Grecia Lazio
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