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      Forse che non vediamo già accadere tutto questo? Quante ricchezze delle già guadagnate, e per così dire, incamerate, ha ella perduto quasi e senza quasi del tutto! Ma di questo dirò poi.
      Vogliamo noi dunque ridurre la lingua italiana e nelle parole e nei modi, a quella stessa paura, scrupolosità, superstizione, schiavitù, grettezza, uniformità della lingua francese nei soli modi? Almeno i francesi hanno una scusa nella natura della loro nazione, a cui la società è vita, alimento, diletto, e spavento, sanguisuga, tormento, morte. [774]A noi manca questa scusa, se già non vogliamo infrancesire interamente anche nei costumi, usi, vita, gusti, idee, inclinazioni ec. e perdere fino alla sembianza, aspetto, forma d'italiani, come abbiamo più che incominciato.
      Diranno che la lingua, benchè per lo mezzo, e l'ardire e libertà degli scrittori, è giunta però a quella perfezione, la quale non possa oltrepassare senza guastarsi. Vi giunse, cred'io, nè più nè meno in quel punto in cui finì di pubblicarsi l'ultimo Vocabolario della Crusca, giacchè in questo o certo nei precedenti, sono riportate moltissime parole coll'autorità di scrittori ancora viventi e scriventi. Anzi il Buonarroti scrisse la Fiera appostatamente per somministrar parole al Vocabolario. L'ultimo tomo dunque di questo, e quell'anno, quel mese, quel giorno in cui fu pubblicato chiuse per sempre le fonti della lingua italiana, state aperte da cinque secoli. Ma lasciando le burle, do e non concedo che la lingua italiana, sia stata già [775]portata dagli scrittori a quella somma perfezione a cui possa pervenire in ordine a tutte le altre qualità, (errore manifestissimo, ma lasciamolo passare). Nella ricchezza, copia, e varietà nego che veruna lingua del mondo, o attuale o possibile, possa mai essere perfetta finchè non muore.


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Zibaldone. Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura
Parte Prima
di Giacomo Leopardi
pagine 1913

   





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