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      Ovvero al più seguirà quella miserabile separazione fra gli scrittori vuotissimi e nulli ma puri, e fra gli scrittori di cose ma barbari; quando nessun de' due può mai sperare l'immortalità, ma molto meno i primi, senza riunire le due qualità e i due pregi che consistono nelle parole e nelle cose. Disordini però tutti già tanto inoltrati in Italia, e bisognosi di sì lunga opera, e di tanto ingegno e [799]giudizio, e di tanta difficoltà a ripararli, che io con dolore predico che non se ne verrà certo a capo in questa generazione, e chi sa quando. (Giacchè per rimetter davvero in piedi la lingua italiana, bisognerebbe prima in somma rimettere in piedi l'Italia, e gl'italiani, e rifare le teste e gl'ingegni loro, come lo stesso bisognerebbe per la letteratura, e per tutti gli altri pregi e parti di una buona e brava e valorosa nazione; che con questi ingegni, con queste razze di giudizi e di critica, faremo altro che ristaurare la lingua.) Perchè se si presume di averlo conseguito collo sbandire e interdire e precludere affatto la novità delle cose e del pensiero, lasciando stare che in fatti non si è conseguito un fico, perchè eccetto pochissimi i più puri e vuoti scrivono barbarissimamente, dico, non ostante l'amore ch'io porto a questa purità, e lo stimarla necessarissima, che il rimedio è peggio del male. Vero è che da gran tempo gli scrittori italiani puri ed impuri si sono egualmente dispensati dal pensare, e anche dal [800]dire, talmente che se alcuno de' nostri scritti ci fosse pericolo che potesse passare di là da' monti o dal mare, gli stranieri si maraviglierebbero sodamente come, in questo secolo, in una nazione posta nel mezzo d'Europa si possa scrivere in modo, che l'aver letto, si può dire, qualunque de' libri italiani che ora vengono in luce, sia lo stesso nè più nè meno che non aver letto nulla.


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Zibaldone. Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura
Parte Prima
di Giacomo Leopardi
pagine 1913

   





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