ivilegiata, e che si suppone la prima nell'ordine di tutti gli esseri. Bel privilegio davvero, ch'è quello di veder tutti gli altri viventi conseguire immediatamente la loro relativa perfezione [834]e felicità, senza stenti, nè sbagli, ed essa intanto per conseguire la propria, stentare, tentare mille strade, sbagliare mille volte, e tornare indietro, e finalmente dovere aspettare lunghissimo ordine di secoli, per conseguire in parte il detto fine. Osserviamo quanti studi, quante invenzioni, quante ricerche, quanti viaggi per terra e per mare a remotissime parti, e combattendo infiniti ostacoli, sì della fortuna, sì (ch'è più notabile) e massimamente della natura, per ridurci, quanto al corpo, nello stato presente, e proccurarci di quelle stesse cose che ora si stimano essenziali alla nostra vita. Osserviamo quante di queste, ancorchè già ritrovate, abbiano bisogno ancora dei medesimi travagli infiniti per esserci procacciate. Osserviamo quanto ancora ci manchi, quanto sia di scoperta recentissima o assolutamente o in comparazione dell'antichità della specie umana; quanto ogni giorno si ritrovi, e quanto si accrescano le cognizioni pretese utili alla vita, anche delle più essenziali (come in chirurgia, medicina ec.); quante cose si ritroveranno e verranno poi in uso, che a noi avranno mancato, e che i nostri [835]posteri giudicheranno tanto indispensabili, quanto noi giudichiamo quelle che abbiamo. Domando se tutta questa serie di difficilissimi mezzi conducenti al fine primario della natura ch'è la felicità e perfezione delle cose esistenti e il loro ben essere, e massime de' viventi, e de' primi tra' viventi, entravano nel sistema, nel disegno, nel piano della natura, nell'ordine delle cose, nella primordiale disposizione e calcolo relativamente alla specie umana.
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