Domando se nel piano nell'ordine nel calcolo de' mezzi conducenti al fine essenziale e primario, ch'è la felicità e perfezione, mezzi per conseguenza necessari ancor essi, v'entrava anche il caso. Ora è noto quante scoperte delle più sostanziali in questo genere, e dell'uso il più quotidiano, e di effetti e applicazioni rilevantissime, non le debba l'uomo se non al puro e semplice caso. Dunque il puro e semplice caso entrava nel sistema primordiale della natura; dunque ella lo ha calcolato come mezzo necessario; dunque [836]ella ne ha fatto dipendere il fine essenziale e primario; dunque si è contentata che non accadendo il tale e tale altro caso, o non accadendo in quel tal modo ec. ec. o accadendo bensì quello ma non questo ec. la specie umana, la maggiore delle sue opere, restasse imperfetta e infelice, e priva del fine della sua esistenza, e similmente tutte quelle parti dell'ordine delle cose che dipendono o hanno stretta connessione colla specie umana.
Bisogna osservare che la sfera del caso si stende molto più che non si crede. Un'invenzione venuta dall'ingegno e meditazione di un uomo profondo, non si considera come accidentale. Ma quante circostanze accidentalissime sono bisognate perchè quell'uomo arrivasse a quella capacità. Circostanze relative alla coltura dell'ingegno suo; relative alla nascita, agli studi, ai mezzi estrinseci d'infiniti generi, che colla loro combinazione l'han fatto tale, e mancando lo avrebbero reso diversissimo (onde è stato detto che l'uomo è opera del caso); relative alle scoperte e cognizioni acquistate da altri prima [837]di lui, acquistate colle medesime accidentalità, ma senza le quali egli non sarebbe giunto a quel fine; relative all'applicazione determinata della sua mente a quel tale individuato oggetto ec. ec. ec.
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