Ed allora lo studio della lingua era più diffuso, e la letteratura parimente, e più viva e in movimento, e maggiore il numero dei letterati di professione, e degli scrittori buoni, e di quelli che senza esser letterati, aveano tanta letteratura quanto basta per essere buon lettore, e per curarsi di leggere. E gli argomenti che si trattavano erano più nazionali, più importanti, più nuovi, [844]più propri dello scrittore ec. brevemente c'era un altro spirito letterario e negli scrittori e nella nazione.
Dall'applicazione di questi principii alle lingue moderne, passiamo alle lingue antiche. Che la forma e struttura di una lingua fosse così ragionevole, così conforme alla stretta verità ed ordine delle cose, come lo può essere in qualche lingua moderna, non era possibile fra gli antichi, dove regnava molto più l'immaginazione, che la secca e infelice ragione. Non bisogna dunque nelle ragioni della universalità di una lingua antica, ricercar troppa conformità, con quelle che richiedonsi allo stesso effetto in una lingua moderna. Una lingua antica poteva essere adattata alla universalità fino a un certo segno, e conseguirla, ma non mai quanto una moderna. La lingua greca sebbene più figurata non solo della francese, ma della italiana (dico della italiana che non pecchi di troppa, e a lei non naturale conformità col latino andamento, come peccò alle volte nel 500. al contrario [845]del 300, e della sua vera indole) contuttociò era nella sua primitiva qualità, di una forma, se non ragionevole, naturalissima però, e semplicissima, e facilissima.
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