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      Onde il linguaggio comune di qualunque popolo, massime relativamente a quelle nazioni che appartengono ad una stessa classe (come le nazioni colte di Europa) e formano quasi una famiglia; un tal linguaggio [854], dich'io, per lo meno dentro i limiti di quella tal famiglia di nazioni, è sempre per se medesimo, e astraendo dalle circostanze particolari, adattato più o meno alla universalità. Non così quello degli scrittori, i quali bene spesso allontanandosi appoco appoco dall'andamento popolare della loro lingua, si allontanano altresì dal carattere universale. E così la lingua scritta di questa o quella nazione, prendendo appoco appoco un andamento proprio, e qualità proprie e speciali, per questa proprietà e specialità, si viene allontanando più o meno dalla linea universalmente riconosciuta, ed allontana dalla universalità la loro lingua che vi era naturalmente adattata. Giacchè siccome la lingua della nazione influisce su quella dello scrittore, così anche la scritta sulla parlata. Talmente che anche la lingua popolare di una nazione, sebbene senza fallo adattata da principio alla universalità, può e viene effettivamente perdendo più o meno, o scemando la sua disposizione a questa qualità.
      [855]Il detto effetto degli scrittori, e diversificazione della lingua scritta, dall'andamento naturale della lingua, accadde in Grecia, ma tardi, e dopo i loro sommi scrittori. Non è accaduto in Francia. È seguito in Italia dal cinquecento in poi. Seguì in Roma, nella prima stabile formazione della lingua latina scritta, e per opera de' primi veramente classici di quella nazione.


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Zibaldone. Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura
Parte Prima
di Giacomo Leopardi
pagine 1913

   





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